AVVENiMENTILIBRI

il MESTIERE di SCRITTORE

JORGE AMADO/

TERESA, GABRIELA E IL BRASILE

DIRCEU DA SILVA ANTUNES

Il piu' popolare scrittore brasiliano, Jorge Amado, bahiano di 82 anni, e' l'autore di piu' di trenta romanzi tradotti in quarantacinque lingue. Sono soprattutto famosi i suoi personaggi femminili, come Gabriela, Teresa Batista, Tieta do Agreste. L'ho intervistato, in Portogallo, dove e' stato insignito del premio "Camoes" per la letteratura. Dall'incontro emerge la figura di un uomo semplice, con una grande voglia di vivere e un grande amore per il popolo brasiliano che ha sempre ispirato i suoi romanzi. Da che cosa nascono i suoi libri? Le mie principali fonti di ispirazione sono il cacao e il popolo della Bahia. Quando comincio a scrivere non ho un'idea precisa sul libro. Ma faccio lavorare il mio cuore e la mia testa e, poco a poco, nasce il libro. Mai pero' sapendo che cosa succedera' domani. Lei legge i suoi libri dopo averli finiti? No, non sono un lettore di Jorge Amado. Penso di non aver mai letto un mio romanzo finito. Mentre scrivo, vivo solo in funzione del libro, giorno e notte. E quando il romanzo e' finito non mi appartiene piu'. Diventa proprieta' dell'editore e soprattutto dei lettori. Mia figlia sta correggendo alcuni miei vecchi scritti come "Terra do Sem Fin" e quando ha dei dubbi io le rispondo di lasciare molte cose come erano state scritte in origine perche' quella era la mia vita nel 1942. In 62 anni di attivita' letteraria lei ha scritto piu' di trenta libri, tradotti in quarantacinque lingue. Qual e' il romanzo che le piace di piu'? Mi piacciono tutti perche' i libri sono come i figli. E' difficile dire quale sia il migliore. E quello che per me e' il piu' bello, non lo e' per gli altri. Forse gli ultimi libri sono i meglio strutturati. Do molta importanza a "La bottega dei miracoli" perche' parla della nascita della nazione brasiliana, del mio popolo. "Mar Morto", scritto nel 1936, mi emoziona molto perche' parla della mia adolescenza a Bahia. Che puo' dire del romanzo "Boris il rosso", al quale sta lavorando da dodici anni? Boris e' un giovane vissuto negli anni 70, durante la dittatura militare. Non ha nessuna cognizione politica, gli piacciono le donne, e' un po' vagabondo e non lavora. La mia idea e' di presentarlo sia come un bandito che come un eroe. Boris e' esattamente un giovane brasiliano di 19 anni, ne' piu' ne' meno. Ragazzo "sarara'" perche' ha i capelli rosso ruggine, completamente diverso dagli altri, e potrebbe essere accusato dalla polizia per reati mai commessi. Ma in questo momento ho lasciato Boris nel cassetto perche' penso a un altro libro. Come vede il Brasile quando torna dall'Europa? Una volta sono stato sei mesi in Europa. Alla televisione ho visto dei reportage terribili sul Brasile. Sono arrivato depresso per la morte dei bambini della Candelaria. Ma stando insieme alla gente, camminando per le strade, nei mercati, avendo contatti quotidiani, ne sono uscito un'altra volta rinvigorito e ho potuto constatare che quello che si vedeva in televisione era realta', ma ce n'era anche un'altra: la lotta del popolo. Il Brasile e' un paese razzista? No, ma ospita milioni di razzisti, soprattutto fra i ceti alti della popolazione. Ci sono alcuni riflessi del sentimento della schiavitu', che si manifestano nel modo di scrivere e di parlare. Ma diversamente dagli Stati Uniti dove un bianco non si mescola ai neri, se non quando un nero occupa un'alta posizione nella societa', in Brasile invece le razze piu' diverse sono mescolate e si frequentano. Anche l'antirazzismo porta pero' a un razzismo e definire il popolo brasiliano razzista significa insultarlo. Che cosa pensa della sua militanza socialista? Da stalinista che ero, soprattutto durante l'esilio, ho vissuto tutti i mutamenti del socialismo. Nel 1952 ricevetti persino il premio "Stalin" che mi ha dato uno status speciale. In seguito pero' ho visto alcune cose che mi hanno turbato e che cercavano di nascondere: una parte vergognosa e crudele che mi ha messo in crisi con il partito. Ho abbandonato la militanza senza pero' rompere le relazioni con il comunismo. Non sono diventato anticomunista. Bisogna cambiare la societa', trasformare il mondo in meglio e senza ingiustizie, senza miseria e fame e dove tutti abbiano diritto al lavoro. Questo e' il mio ideale. Crede ancora nel socialismo? Credo che il socialismo rappresenti il futuro dell'umanita' perche' il capitalismo non e' un ideale politico. E' un sistema basato sul lucro, che conduce spesso alla guerra e al razzismo. Per arrivare al socialismo bisogna seguire un cammino democratico e ci vorra' molto tempo, perche' modificare l'uomo e' difficile. E' piu' facile prendere il potere. Nel suo ultimo romanzo, lei parla della colonizzazione del Brasile. C'e' stata per i cinquecento anni dalla scoperta dell'America molta polemica: da un lato i portoghesi e gli spagnoli e dall'altro gli indigeni e i discendenti di schiavi neri che furono vittime del genocidio. Noi dobbiamo comprendere che siamo il risultato di tutto cio' e che l'importante siamo noi oggi e cio' che noi siamo. Non possiamo negare una realta' per affermarne un'altra, e nemmeno dire che la scoperta sia stata una civilta' che si e' insediata o dire che la scoperta sono state civilta' che si sono distrutte. Noi brasiliani, argentini, cubani e messicani, siamo il risultato vivo di questi processi passati e l'unica cosa che dobbiamo fare e' ottenere che tale processo diventi armonioso e conduca a una societa' migliore. Copyright Avvenimenti-Sial 

 

Copyright 1995 Libera Informazione Editrice S.p.A.

<<<<<JORGE AMADO

promobrasil